L'Avanguardia, piu' della Tradizione forse, ha bisogno di Memoria.
Se e' vero che le sperimentazioni affinano al processo dei mutamenti e
del divenire culturale e' necessario capilatilizzarne l'esperienza. Dato
che il Mondo e' in trasformazione continua e' utile trarre indicazioni
da quelle pratiche per cogliere il senso di questo divenire che sembra
accelerarsi verso la fine millennio.
Tutto va cosi' veloce che forse ha sempre meno importanza creare qualcosa
di Nuovo (un termine che quasi imbarazza ormai). E' possibile bensi' qualificare
l'attenzione, la percezione delle cose in movimento per cogliere l'andamento
delle trasformazioni: affinando il nostro sentire alle mutazioni.
Riconsiderare l'esperienza dell'Avanguardia, e in particolare quella espressa
dal Teatro di
Ricerca in Italia, in quanto "tradizione del nuovo",
come ricerca continua di nuove forme e attitudini, puo' essere quindi importante
per comprendere il senso del movimento del tempo, e non subirne lo strappo
in avanti.
La "Memoria dell'Avanguardia" puo' essere intesa come una strategia
ideale di approccio culturale al gioco delle trasformazioni cogliendone
i meccanismi strutturali.
Il
Teatro di Ricerca
Da sempre il teatro crea una "simulazione fisica di
uno stato mentale" afferma Derrick
de Kerkhove. Produce uno stato di realta' extra-ordinaria in cui
riflettere il mondo delle cose e dei sentimenti. Il fatto che il teatro
per come lo si intende oggi sia ancora una diretta emanazione del "dramma
borghese" ottocentesco, sviluppato sull'onda della cultura
letteraria e del romanzo psicologico in particolare, dovrebbe far riflettere.
Cambiano magari i contenuti, le psicologie in gioco, ma le forme del progetto
scenico rimangono troppo spesso ancorate a quell e modalita' interpretative
ormai consolatorie se non insopportabili.
E' come se le esperienze dell'avanguardia teatrale siano state buttate
via, sprecate, bruciate nell'autocombustione creativa di un antagonismo
culturale ormai rimosso. Se per l'arte pittorica le avanguardie hanno sancito
in modo inequivocabile delle nuove convenzioni percettive per cui oltre
il piano figurativo e la cornice oggi puo'crearsi l'opera d'arte contemporanea,
per il teatro questo spostamento sembra negato. Eppure oltre la cornice
teatrale, superati molti luoghi comuni della scena, si sono create delle
sperimentazioni straordinarie. In particolar modo in Italia tra la fine
degli anni Sessanta (con l'avvento
del Nuovo Teatro) e la meta' degli Ottanta sono fiorite esperienze
remarcabili, un eccellente disordine che ha destabilizzato il senso teatrale.
E non solo: happening e performannce urbane agirono ad esempio il principio
situazionista dello spiazzamento, interpretando in qualche modo l'idea
estrema, se non nichilista, di Società
dello Spettacolo. Era il teatro di quel mondo in trasformazione,
cosi' mutevole, cosi' sollecitato dalle inquietudini del proprio tempo.
Ma gran parte di quell'esperienza e' stata rimossa o al piu' riciclata
in forme d'inerte rappresentazione formale.
La
Società dello Spettacolo
Crediamo nell'idea di società dello spettacolo: ma e' anche
vero che il grado di spettacolarita' della societa' ha superato quello
di qualsiasi simulazione possibile. E ormai saltata la misura di protezione
che sancisce la differenza tra realtà e rappresentazione del mondo.
Una grave destabilizzazione del senso comune provocata dall'egemonia televisiva
sulla psicologia di massa, quella che una volta amavamo chiamare immaginario
collettivo.
Fu un'intuizione delle avanguardie, da quelle del Dada
a quelle Situazioniste,
fino alla Postavanguardia
teatrale italiana, operare sulla soglia tra realta' e rappresentazione.
L'avanguardia interpreto' paradosso storico della "civilta' di massa",
giunta ora ad un punto terminale con la telecrazia mediatica. Riconosciuto
questo dato e' necessario riprendere ad indagare sul rapporto tra arte
e vita, il punto cardine di tutta la cultura dell'avanguardia, e nello
specifico di quella teatrale.
Proprio perche' quella cultura e' stata superata, oggi diventa importante
capire meglio le dinamiche delle sperimentazioni, per interrogarci sul
senso del teatro di fronte al paradosso della realta' contemporanea e scoprire
magari che altre simulazioni, come quelle della virtualità,
ci invitano a scoprire altri mondi. Altri modi per tornare ad agire e non
più solo subire le rappresentazioni dei mondi possibili. Cosa significa?
Tornare ad investire sul proprio futuro, in termini ideali e agitando le
coscienze: spiazzandole, sottraendole da quell entropia culturale prodotta
dal massmedia televisivo. Ad esempio.
Il fatto che oggi gli eventi siano inseriti in una rappresentazione, mediata
in gran parte dalla televisione, sta falsando le prospettive storiche.
Diventa Storia il genocidio della settimana precedente. Tra l'evento e
la sua informazione c'e' ormai sempre meno scarto temporale, e questo accade
per via di un automatismo comunicativo che ci inchioda nella dimensione
passiva di spettatori attoniti.
Virtualità
Il fatto che stia emergendo un nuovo approccio ai sistemi della
comunicazione, attraverso le tecnologie della multimedialita' e della telematica,
va interpretato come un rigetto culturale rispetto al dominio dei massmedia.
Alla base dello sviluppo esponenziale delle tecnologie interattive c'e'
infatti un concetto straordinario: quello di "mymedia", lo strumento
di comunicazione personalizzato, gestito in modo attivo dall'utente nelle
sue attivita di studio o di lavoro "a distanza". E' l'emergenza
di una nuova cultura che puo' riuscire (e' ancora una volta questione di
ottimismo della volonta') a rifondare i termini del rapporto tra rappresentazione
ed evento. Quando dicevamo che le avanguardie hanno sperimentato sul rapporto
tra arte e vita, intendevamo suggerire questo precedente storico: e' nella
creazione consapevole di linguaggi che estendano le possibilita'di vita,
le potenzialita' percettive ed immaginative, che vale considerare l'arte.
L'avanguardia teatrale si sviluppo' su queste determinazioni, creando anche
molti azzardi, errori e tentativi falliti (ma e' cercando,errando, che
si trova).
L'avvento
del Nuovo Teatro
In Italia, un punto di partenza fu Ivrea, dove nel 1967 fu promosso
(da personaggi come Corrado Augias, Giuseppe Bartolucci, Carmelo
Bene, Sylvano Bussotti, Leo De Berardinis, Edoardo Fadini, Sergio Liberovici,
Franco Quadri, Carlo Quartucci, Luca Ronconi, Giuliano Scabia e altri ancora)
un " Convegno
del Nuovo Teatro"che sanci' un'era di sperimentazioni. Nel
"manifesto" pubblicato nel novembre del 1966 sulla rivista Sipario
si affermava che " ci si possa servire del teatro per insinuare dubbi,per
rompere delle prospettive, per togliere delle maschere, mettere in moto
qualche pensiero."
Allora come oggi ritroviamo il valore di cercare nel teatro un "gesto
contemporaneo" e non solo un'espressione artistica autoreferenziale,
rivolta al proprio interno.
Cio' comporta in primo luogo un recupero di quel senso del tempo che scandisce
le trasformazioni cosi' perduto, invalidato, dall'accelerazione storica
e dalla sovraesposizione televisiva. E' ovvio che il tempo scorre, porta
via, lava le coscienze sporche: e' necessario superare ma non rimuovere.
Il recupero di un senso del tempo significa cercare anche dove si e' sbagliato
e riconoscere anche che sbagliare era forse inevitabile, piu' che fisiologico.
Valutare le caratteristiche dello scenario
degli anni settanta e' fondamentale ad esempio per capire come
mai in Italia sia sorta l'avanguardia teatrale piu' vitale del mondo, così
dinamica da creare degli opposti estremismi tra tendenze teatrali poi dissolte
in una deriva senzorbita.
La Memoria è il processo cognitivo per ricostruire questi andamenti:
fa del sentimento del tempo un'esperienza.
L'idea di organizzare teatri
della memoria nasce da questa consapevolezza: utilizzare la multimedialita'
che attraverso i procedimenti dell'ipertesto
possa rendere evidenti i percorsi incrociati tra eventi, immaginari e culture
di un mondo in trasformazione.
E' decisivo poi comprendere che tra multimedialita' e ricerca teatrale
non c'e' solo un rapporto di elaborazione a posteriori ma un'attitudine
complementare: il teatro sperimentale si e' sempre caratterizzato per la
sinestesia percettiva: la simultaneita' dei diversi linguaggi espressivi
messi in gioco. Parola, azione, visione e suono interagiscono in una soluzione
spettacolare che sollecita lo spettatore ad una dimensione attiva e cognitiva.
L'avanguardia teatrale anticipo' sul campo molte di quelle procedure che
oggi si stanno standardizzando con l'avvento della multimedialita'.
Perche' dimenticarlo?
ULTERIORI LINK:
IPERTESTO
Leggere e' un'arte, ci fece notare a suo tempo Italo Calvino.
E' infatti una qualità particolare, un artificio mirabile. E anche
una questione di mobilita' immaginaria e di connessioni sinaptiche che
durante la lettura di un testo avvincente fanno funzionare il nostro cervello
come un mixer. Coniughiamo un'informazione ad una immagine e ad un'emozione
gia' vissuta con una dinamica associativa straordinaria.
Dopotutto qualsiasi percezione sensoriale viene tradotta al cervello e
transcodificata, interpretata. Il fatto che ora attraverso le nuove tecnologie
della comunicazione multimediale certi procedimenti si stiano formalizzando
all'esterno del nostro corpo non e' altro che una tappa ulteriore dell'evoluzione
umana.
Il fatto stesso di simulare i processi fisiologici, da quelli dell'apparato
muscolare a quelli mentali, dalla telerobotica alle reti neuronali
passando per le Realtà Virtuali, e' indicativo di questo
nuovo rapporto tra il naturale e l'artificiale.
Ma poniamoci una volta tanto una domanda.
E' più naturale leggere un libro, decodificando la scrittura con
tutte le sue sovrastrutture culturali, o fare un esperienza di conoscenza
diretta, fisica?
In questo senso le tecnologie multmediali offrono delle opportunità
determinanti: attraverso l'interattività le modalità
interpretative vengono combinate con un azione, anche se minima: cliccando
con un mouse agiamo dentro le informazioni.
L'ipertesto, il
sistema di organizzazione associativa dei dati attraverso il computer,
e' in questo senso illuminante: simula quelle soluzioni combinatorie che
la lettura produce, aprendo continuamente intorno ad una parola, ad un
concetto, un area di riferimenti ulteriori. Offre insomma una sorta di
protesi cognitiva, un potenziamento delle nostre procedure mentali
che vengono così sollecitate ad essere più dinamiche.
La multimedialità interviene sui processi originari della conoscenza,
invera un paradosso: una delle massime espressioni dell'artificialità
tende così a riattivare le modalità naturali dell'apprendimento.
Il Libro è in fondo un mymedia ma è certo che non
può più reggere l'impatto, lo scontro, con il massmedia televisivo
così radicato nel pensiero collettivo .
E' su una sottile linea d'intersezione che è quindi necessario operare:
una condizione in cui si coniughi la necessità di un senso interiore
con la capacità di condividere, producendo un efficace scambio culturale,
pensiero collettivo.
Quando nel 1945 Vannevar Bush scrisse il famoso articolo sull'Atlantic
Monthly dal titolo As We May Think si presagi' questa tendenza all'interattività,
come principio attivo che simulasse quello della mente. L'esperienza di
Bush fu allora sollecitata da una particolare missione istituzionale: coordinare
per conto del Presidente Roosevelt lo sforzo di guerra degli scienziati
americani. Cerco' infatti di superare le logiche sequenziali e classificatorie
per ordinare le molteplici informazioni prodotte dalla ricerca tecnoscientifica
adottando un dispositivo, il Memex (Memory Extender). Una macchina multimediale
antelitteram che con microfilm, nastro magnetico (allora appena scoperto)
e tecniche della fotografia a secco avrebbe dovuto simulare i comportamenti
del cervello dove le classificazioni cognitive avvengono non gerarchicamente
(per generi, o classi, o ordini alfabetici) ma per associazioni.
L'invenzione di Vannevar Bush servì ad aprire un nuovo ciclo di
esperienze come quelle qui applicative di Englebart (l'inventore del mouse)
e quelle utopiche di Ted Nelson che nel 1965 varo' il progetto Xanadu,
la leggendaria rete ipertestuale, idealizzata come una futura Biblioteca
d'Alessandria virtuale. Un utopia che sta prendendo forma attraverso
la diffusione esponenziale della rete delle reti, Internet.
POSTAVANGUARDIA
E' a sud delle cantine romane che si sviluppa un'area di
ricerca teatrale insofferente del manierismo di quell'avanguardia definita
in parte Teatro Immagine.
Varie rassegne nella meta' degli anni settanta vengono promosse tra Napoli,
Salerno e Cosenza ed e' qui che nel novembre 1976, all'interno del "Progetto
di contaminazione urbana", prende il via la Postavanguardia.
Si tratta inizialmente di una sorta di "cartello" di formazioni
teatrali di nuova generazione: Gruppo Teatro Stran'amore (che divenne poi
Beat 72, di cui Simone Carella e' sempre stato il fulcro), Il Carozzone
(chiamato poi Magazzini Criminali e infine I Magazzini), La
Gaia Scienza (divisa poi in due anime: Compagnia Barberio Corsetti
e Compagnia Solari-Vanzi), e subito dopo Spazio Libero e Teatro
Oggetto. Dalle rassegne del Beat 72 "La Nascita del Teatro" e
"Iniziative di ii" nel 1977-1978 inizia a montare un vero e proprio
movimento culturale, piu' che teatrale, tale da fare del cortocircuito
arte/vita e privato/politico un linguaggio e un comportamento assolutamente
inedito.
Emergono altri gruppi come Falso Movimento,Teatro Studio di Caserta, Dark
Camera (Marcello Sambati) e poi ancora Il Marchingegno (poi Kripton), Padiglione
Italia, Tradimenti Incidentali, etc.
Il passaggio a sud trovo' momenti decisivi a Padula, alla Reggia di Caserta
e a Napoli dove subito dopo il terremoto del 1980 si accentuo' un'attenzione
culturale di straordinaria vitalita'. Una migrazione questa, un nomadismo
gia' avviato nel 1972 da Leo De Berardinis e Perla Peragallo quando esausti
degli edonismi romani si stabilirono a Marigliano, sviluppando l'idea di
un "teatro dell'ignoranza", elementare e nichilista.
Non si puo' dire che Leo fece parte della Postavanguardia ma fu da subito
uno dei riferimenti piu' precisi, la carica esistenziale e nichilista del
suo teatro influenzo' molto le nuove generazioni.
La linea radicale della Postavanguardia si stempero' con il tempo, varcati
gli anni ottanta cambio' il clima, spirava il "postmoderno",
un venticello postideologico che coniugava l'idea di metropoli con la velocita',
anzi l'accelerazione delle trasformazioni in atto.
E la Postavanguardia dalla performance concettuale, desiderante e clandestina
passo' alla cosiddetta Nuova Spettacolarita': un teatro ideale per quegli
anni, veloce e suadente, efficace anche per i palcoscenici all'italiana
appena conquistati.
SCENARIO
DEGLI ANNI SETTANTA
Negli anni Settanta in Italia l'antagonismo sociale e politico,
la cosiddetta "lotta di classe", raggiunse i livelli piu' alti
di conflittalita' in Europa e non solo.
Le tensioni culturali furono irreversibilmente investite di queste urgenze
e il teatro gioco' la sua parte, in particolar modo quello della sperimentazione.
Un ruolo piu' importante di quello che si possa pensare, proprio perche'
il felice disordine teatrale fu una delle peculiarita' del contesto italiano.
Di quella Memoria dell'Avanguardia c'e' da trarre indicazioni utili
tutt'oggi per le rilessioni in campo sulle modalita' della comunicazione.
Alcuni precedenti come il Convegno
del Nuovo Teatro svolto ad Ivrea nel 1967 segnarono un corso di
esperienze che si trovo' ad attraversare il Movimento del '68 e a rifondare
i canoni della rappresentazione teatrale ancora troppo condizionata dagli
stilemi ottocenteschi del dramma
borghese. Molti protagonisti tendono a confluire poi in diverse
forme di manierismo scenico come il Teatro Immagine e altri fenomeni
che faranno delle cantine romane dei luoghi d'attrazione piu' mondana
che culturale. Emergono nuove generazioni di autori che alla meta' degli
anni Settanta iniziano ad investire energie fresche tese a creare una politica
di scambio teatrale diretta, inquieta, destabilizzante. E' la stagione
del Teatro Militante
espresso da spontanei gruppi di base e da "collettivi" piu' organizzati
e, su un'altro piano, da performer e formazioni che diedero poi corso alla
Postavanguardia.
Su quest'ultima linea (di cui Giuseppe Bartolucci fu il maggior
promotore) si sviluppo' un vero e proprio movimento culturale esteso ad
una riflessione articolata ed ideologica sul contemporaneo, sulla dimensione
metropolitana, su tutta quella complessita' che fu definita pensiero Postmoderno.
Per abbracciare meglio l'arco di questi anni Settanta del teatro italiano
(riconosciuto da molti come il piu' vitale del pianeta) va colta anche
l'esperienza del Terzo Teatro: un movimento sorto sulla base della
lezione teatrale di Jerzi Grotowski e dell'Odin Teatret ed esteso sul principio
attivo del training, il lavoro sul corpo. Postavanguardia e Terzo Teatro
per diversi anni rappresentarono degli emblematici opposti estremismi di
un fare teatro che in Italia raggiunse livelli amplissimi di aggregazione.
Un dato da considerare alla luce di uno scenario politico che degenerato
nei cosiddetti "anni di piombo" del terrorismo costrinse miglia
ia di giovani a convogliare le proprie energie dalle piazze dello scontro
sociale a quelle dell'incontro teatrale. Una migrazione culturale favorita
da un'oculata e contradditoria politica consociativa, caratteristica propria
di un paese come l'Italia di quegli anni.
LA
GAIA SCIENZA
Pensare al teatro come "gesto contemporaneo" significo'
sottrarsi alla logica interpretativa di tutta quella cultura teatrale fondata
sul patrimonio drammaturgico scritto. E' ed e' stato l'atto piu' semplice
e chiaro per una generazione che ha cercato nel teatro un modo per essere
al mondo.
La Gaia Scienza fece delle sue azioni dei momenti esemplari di "gesto
contemporaneo": performance come la Rivolta degli oggetti, in
particolar modo nella versione all'aperto presentata in una festa della
nuova sinistra nel 1976 tra gli alberi di Villa Adriana in Roma, rimane
nel ricordo per la leggerezza e l'armonia del rapporto tra corpo e parola.
Dalla "contact improvvisation" di Steve Paxton fu raccolta l'intuizione
dei corpi che dialogano per contatti fugaci, un approccio piu' lieve e
disincantato della fisicita' imperante nel teatro d'allora di marca grotowskiana
o Living Theatre. L'esperienza de La Gaia Scienza si colloca in un punto
di raccordo tra il teatro d'azione, fondato sulla presenza dell'attore
libero da ogni soluzione di rappresentazione e una complessa progettualita'
scenica affidata principalmente al ruolo degli oggetti, dei materiali agiti
in quel "campo di forze" che e' la scena.
Spettacolo decisivo nella crescita del gruppo e' Cuori Strappati
(1983), emblema di una Nuova Spettacolarita' in grado di superare
gli ambiti della performance propri della Postavanguardia
per conquistare altri spazi, piu' ampi.
La crisi di crescita conseguente porta il gruppo a dividersi in occasione
della Biennale Teatro del 1984 da cui nascono la Compagnia di Giorgio Barberio
Corsetti e la Compagnia Solari-Vanzi .
DERRICK
DE KERCKHOVE
E' considerato l'erede intellettuale di Marshall McLuhan,non e'
quindi un caso che diriga il McLuhan Insititute di Toronto.
Una delle sue magnifiche ossessioni e' quella di studiare le interazioni
neuro-culturali tra tecnologia e corpo.
La citazione utilizzata e' tratta da un suo articolo per VIRTUAL (n.4 -
aprile 1993) dalk titolo "Il comune senso del virtuale". L'irreversibile
trasformazione verso una societa' elettronica sta cambiando anche il senso
comune, il dizionario che consente la comunicazione tra i saperi.
Il periodo da cui e' estratta la citazione recita cosi: "Il teatro
antico inventato con l'alfabeto in Grecia era la simulazione fisica di
uno spazio mentale, la realta' virtuale e' la simulazione psicologica di
uno spazio fisico".
DRAMMA
BORGHESE
Nella sua accezione originaria il termine "Dramma" si
riallaccia al greco "drao" (agisco) per indicare non piu' solo
il racconto ma una composizione in cui i personaggi entrano direttamente
in conflitto tra loro.
Dal Settecento questa forma tende a diventare un preciso genere teatrale
fino a toccare i livelli psicologicamente piu' complessi come nei casi
di Ibsen e Cechov. Il "dramma borghese" diviene cosi' progressivamente
inteso come la rappresentazione per ecce llenza, conforme alla societa
che allora si andava formando, quella borghese.
Ma oggi in una societa' cosi' declassata e omologata dai massmedia che
senso ha dare cosi' tanto importanza al "dramma borghese"?
CONVEGNO
SUL NUOVO TEATRO
Può essere considerato un punto di partenza per l'avventura
del nuovo teatro in Italia.
Ecco il Manifesto di quel convegno, pubblicato su SIPARIO (n.247 - novembre
1966).
TEATRI
DELLA MEMORIA
L'idea che misurarsi con la memoria sia come abitare uno spazio
e' decisiva per capire cosa si possa intendere per Teatri della Memoria.
In uno spazio si agisce: le nostre percezioni quindi devono essere dinamiche.
I percorsi della memoria non possono essere solo lineari e sequenziali
ma analogici, combinatori per associazioni continue. Il teatro, quello
migliore, quello di ricerca, si fonda sulla sinestesia dei linguaggi, sull'azione
simultanea di diversi elementi visivi o sonori. Procede per montaggi analogici,
nella sua progettazione principalmente. E' simile ai procedimenti dell'ipertesto,
sui quali si basa tutta la multimedialita'. E'lo sviluppo di un'intuizione
che l'arte della menemonica conosce da tempo: organizzare la memoria per
definizione di ambiti e successivamente per "emblemi", immagini
sensibili ed efficaci che colpiscano l'attenzione. Un percorso di memoria
dovra' invitarci a fare esperienza: un'azione, anche se simulata psicologicamente
attraverso la "navigazione" in un ipertesto. In un' opera multimediale
il nostro approccio cognitivo e' di carattere "immersivo", molto
meno astratto di quello stabilito con un libro da decodificare attraverso
le nostre competenze alfabetiche. Si puo' quindi accettare di essere dentro
un ambiente, uno "spazio della memoria" da abitare, da attraversare
come un territorio, da interpretare come un teatro. In "L'arte della
memoria" Frances A. Yates nella sua straordinaria ricognizione scientifica
ed esoterica rileva gli esempi piu' alti dell'arte mnemonica. Tra questi
quello di Robert Fludd, il filosofo ermetico che nel Rinascimento inglese
influenzato da Giordano Bruno segui' da vicino il teatro di Shakespeare.
E' il Globe Theatre, il mitico teatro scespiriano distrutto da un incendio
ad essere preso come modello di un ideale "teatro della memoria".
Ecco qui...
TEATRO
MILITANTE
Nella diffusa policizzazione della vita culturale il teatro gioco'
negli anni settanta un ruolo attivo e per alcuni versi decisivo. E' sull'onda
di questa tensione che si sviluppo' il cosiddetto Teatro Militante, qualcosa
da non delimitare assolutamente all'interno di un genere ma da considerare
come un fenomeno emblematico di quell'epoca.
Sulla base di queste esperienze si svilupperanno poi il Teatro d'Animazione
nei quartieri e nelle scuole, il Teatro di Gruppo (in buona parte orbanico
al Terzo Teatro) e una performativita' irregolare a cui l'"avanguardia
di massa" espressa dalle frange più creative del Movimento
del 77 deve molto.
Nella storia teatrale del novecento e' possibile cogliere dei precedenti
fondamentali nell'Agit Prop tedesco degli anni venti. Tra i protagonisti
del Teatro Militante in Italia negli anni settanta troviamo Dario Fo e
La Comune, il Teatro del Sole, il Colletivo Majakovskij per citare solo
alcuni dei tanti che passarono per quell'"area" di presa di cosceinza
improvvisa ed estemporanea.
DADA
"Dada!" e' lo slogan senza senso lanciato da un movimento
artistico che ruppe per primo uno status quo culturale.
Era il 1915 e intorno al Cabaret Voltaire di Zurigo e ai "manifesti"
di Tristan Tzara si creo' un'area di artisti radicali che iniziarono a
cortocircuitare l'arte con la vita.
SITUAZIONISTE
Le gesta di quel movimento che creo' i presupposti per il '68 francese.
Teorici estremi come Raoul Vanegeim e in particolare Guy Debord con "La
societa' dello spettacolo" intuirono con grande anticipo la devoluzione
della societa' di massa. Con slogan come "l immaginazione al potere"
rilanciarono il valore delle indicazioni dadaiste coniugandolo con una
militanza politica radicale.
E' infatti sotto il segno dell'abolizione della differenza tra arte e vita
che si connoto' il pensiero situazionista che come un fenomeno carsico
ha attraversato questi decenni: nelle "fanzine" del Movimento
del '77 , in alcuni atti della Postavanguardia,
in Blob fino alle nuove sensibilita' cyber.