LA MEMORIA DELL'AVANGUARDIA

L'Avanguardia, piu' della Tradizione forse, ha bisogno di Memoria.
Se e' vero che le sperimentazioni affinano al processo dei mutamenti e del divenire culturale e' necessario capilatilizzarne l'esperienza. Dato che il Mondo e' in trasformazione continua e' utile trarre indicazioni da quelle pratiche per cogliere il senso di questo divenire che sembra accelerarsi verso la fine millennio.
Tutto va cosi' veloce che forse ha sempre meno importanza creare qualcosa di Nuovo (un termine che quasi imbarazza ormai). E' possibile bensi' qualificare l'attenzione, la percezione delle cose in movimento per cogliere l'andamento delle trasformazioni: affinando il nostro sentire alle mutazioni.
Riconsiderare l'esperienza dell'Avanguardia, e in particolare quella espressa dal Teatro di Ricerca in Italia, in quanto "tradizione del nuovo", come ricerca continua di nuove forme e attitudini, puo' essere quindi importante per comprendere il senso del movimento del tempo, e non subirne lo strappo in avanti.
La "Memoria dell'Avanguardia" puo' essere intesa come una strategia ideale di approccio culturale al gioco delle trasformazioni cogliendone i meccanismi strutturali.



Il Teatro di Ricerca
Da sempre il teatro crea una "simulazione fisica di uno stato mentale" afferma Derrick de Kerkhove. Produce uno stato di realta' extra-ordinaria in cui riflettere il mondo delle cose e dei sentimenti. Il fatto che il teatro per come lo si intende oggi sia ancora una diretta emanazione del "dramma borghese" ottocentesco, sviluppato sull'onda della cultura letteraria e del romanzo psicologico in particolare, dovrebbe far riflettere. Cambiano magari i contenuti, le psicologie in gioco, ma le forme del progetto scenico rimangono troppo spesso ancorate a quell e modalita' interpretative ormai consolatorie se non insopportabili.
E' come se le esperienze dell'avanguardia teatrale siano state buttate via, sprecate, bruciate nell'autocombustione creativa di un antagonismo culturale ormai rimosso. Se per l'arte pittorica le avanguardie hanno sancito in modo inequivocabile delle nuove convenzioni percettive per cui oltre il piano figurativo e la cornice oggi puo'crearsi l'opera d'arte contemporanea, per il teatro questo spostamento sembra negato. Eppure oltre la cornice teatrale, superati molti luoghi comuni della scena, si sono create delle sperimentazioni straordinarie. In particolar modo in Italia tra la fine degli anni Sessanta (con l'avvento del Nuovo Teatro) e la meta' degli Ottanta sono fiorite esperienze remarcabili, un eccellente disordine che ha destabilizzato il senso teatrale. E non solo: happening e performannce urbane agirono ad esempio il principio situazionista dello spiazzamento, interpretando in qualche modo l'idea estrema, se non nichilista, di Società dello Spettacolo. Era il teatro di quel mondo in trasformazione, cosi' mutevole, cosi' sollecitato dalle inquietudini del proprio tempo.
Ma gran parte di quell'esperienza e' stata rimossa o al piu' riciclata in forme d'inerte rappresentazione formale.



La Società dello Spettacolo
Crediamo nell'idea di società dello spettacolo: ma e' anche vero che il grado di spettacolarita' della societa' ha superato quello di qualsiasi simulazione possibile. E ormai saltata la misura di protezione che sancisce la differenza tra realtà e rappresentazione del mondo. Una grave destabilizzazione del senso comune provocata dall'egemonia televisiva sulla psicologia di massa, quella che una volta amavamo chiamare immaginario collettivo.
Fu un'intuizione delle avanguardie, da quelle del Dada a quelle Situazioniste, fino alla Postavanguardia teatrale italiana, operare sulla soglia tra realta' e rappresentazione. L'avanguardia interpreto' paradosso storico della "civilta' di massa", giunta ora ad un punto terminale con la telecrazia mediatica. Riconosciuto questo dato e' necessario riprendere ad indagare sul rapporto tra arte e vita, il punto cardine di tutta la cultura dell'avanguardia, e nello specifico di quella teatrale.
Proprio perche' quella cultura e' stata superata, oggi diventa importante capire meglio le dinamiche delle sperimentazioni, per interrogarci sul senso del teatro di fronte al paradosso della realta' contemporanea e scoprire magari che altre simulazioni, come quelle della virtualità, ci invitano a scoprire altri mondi. Altri modi per tornare ad agire e non più solo subire le rappresentazioni dei mondi possibili. Cosa significa? Tornare ad investire sul proprio futuro, in termini ideali e agitando le coscienze: spiazzandole, sottraendole da quell entropia culturale prodotta dal massmedia televisivo. Ad esempio.
Il fatto che oggi gli eventi siano inseriti in una rappresentazione, mediata in gran parte dalla televisione, sta falsando le prospettive storiche. Diventa Storia il genocidio della settimana precedente. Tra l'evento e la sua informazione c'e' ormai sempre meno scarto temporale, e questo accade per via di un automatismo comunicativo che ci inchioda nella dimensione passiva di spettatori attoniti.



Virtualità
Il fatto che stia emergendo un nuovo approccio ai sistemi della comunicazione, attraverso le tecnologie della multimedialita' e della telematica, va interpretato come un rigetto culturale rispetto al dominio dei massmedia. Alla base dello sviluppo esponenziale delle tecnologie interattive c'e' infatti un concetto straordinario: quello di "mymedia", lo strumento di comunicazione personalizzato, gestito in modo attivo dall'utente nelle sue attivita di studio o di lavoro "a distanza". E' l'emergenza di una nuova cultura che puo' riuscire (e' ancora una volta questione di ottimismo della volonta') a rifondare i termini del rapporto tra rappresentazione ed evento. Quando dicevamo che le avanguardie hanno sperimentato sul rapporto tra arte e vita, intendevamo suggerire questo precedente storico: e' nella creazione consapevole di linguaggi che estendano le possibilita'di vita, le potenzialita' percettive ed immaginative, che vale considerare l'arte.
L'avanguardia teatrale si sviluppo' su queste determinazioni, creando anche molti azzardi, errori e tentativi falliti (ma e' cercando,errando, che si trova).



L'avvento del Nuovo Teatro
In Italia, un punto di partenza fu Ivrea, dove nel 1967 fu promosso (da personaggi come Corrado Augias, Giuseppe Bartolucci, Carmelo Bene, Sylvano Bussotti, Leo De Berardinis, Edoardo Fadini, Sergio Liberovici, Franco Quadri, Carlo Quartucci, Luca Ronconi, Giuliano Scabia e altri ancora) un " Convegno del Nuovo Teatro"che sanci' un'era di sperimentazioni. Nel "manifesto" pubblicato nel novembre del 1966 sulla rivista Sipario si affermava che " ci si possa servire del teatro per insinuare dubbi,per rompere delle prospettive, per togliere delle maschere, mettere in moto qualche pensiero."
Allora come oggi ritroviamo il valore di cercare nel teatro un "gesto contemporaneo" e non solo un'espressione artistica autoreferenziale, rivolta al proprio interno.
Cio' comporta in primo luogo un recupero di quel senso del tempo che scandisce le trasformazioni cosi' perduto, invalidato, dall'accelerazione storica e dalla sovraesposizione televisiva. E' ovvio che il tempo scorre, porta via, lava le coscienze sporche: e' necessario superare ma non rimuovere. Il recupero di un senso del tempo significa cercare anche dove si e' sbagliato e riconoscere anche che sbagliare era forse inevitabile, piu' che fisiologico. Valutare le caratteristiche dello scenario degli anni settanta e' fondamentale ad esempio per capire come mai in Italia sia sorta l'avanguardia teatrale piu' vitale del mondo, così dinamica da creare degli opposti estremismi tra tendenze teatrali poi dissolte in una deriva senzorbita.
La Memoria è il processo cognitivo per ricostruire questi andamenti: fa del sentimento del tempo un'esperienza.
L'idea di organizzare teatri della memoria nasce da questa consapevolezza: utilizzare la multimedialita' che attraverso i procedimenti dell'ipertesto possa rendere evidenti i percorsi incrociati tra eventi, immaginari e culture di un mondo in trasformazione.
E' decisivo poi comprendere che tra multimedialita' e ricerca teatrale non c'e' solo un rapporto di elaborazione a posteriori ma un'attitudine complementare: il teatro sperimentale si e' sempre caratterizzato per la sinestesia percettiva: la simultaneita' dei diversi linguaggi espressivi messi in gioco. Parola, azione, visione e suono interagiscono in una soluzione spettacolare che sollecita lo spettatore ad una dimensione attiva e cognitiva. L'avanguardia teatrale anticipo' sul campo molte di quelle procedure che oggi si stanno standardizzando con l'avvento della multimedialita'.
Perche' dimenticarlo?



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IPERTESTO
Leggere e' un'arte, ci fece notare a suo tempo Italo Calvino.
E' infatti una qualità particolare, un artificio mirabile. E anche una questione di mobilita' immaginaria e di connessioni sinaptiche che durante la lettura di un testo avvincente fanno funzionare il nostro cervello come un mixer. Coniughiamo un'informazione ad una immagine e ad un'emozione gia' vissuta con una dinamica associativa straordinaria.
Dopotutto qualsiasi percezione sensoriale viene tradotta al cervello e transcodificata, interpretata. Il fatto che ora attraverso le nuove tecnologie della comunicazione multimediale certi procedimenti si stiano formalizzando all'esterno del nostro corpo non e' altro che una tappa ulteriore dell'evoluzione umana.
Il fatto stesso di simulare i processi fisiologici, da quelli dell'apparato muscolare a quelli mentali, dalla telerobotica alle reti neuronali passando per le Realtà Virtuali, e' indicativo di questo nuovo rapporto tra il naturale e l'artificiale.
Ma poniamoci una volta tanto una domanda.
E' più naturale leggere un libro, decodificando la scrittura con tutte le sue sovrastrutture culturali, o fare un esperienza di conoscenza diretta, fisica?
In questo senso le tecnologie multmediali offrono delle opportunità determinanti: attraverso l'interattività le modalità interpretative vengono combinate con un azione, anche se minima: cliccando con un mouse agiamo dentro le informazioni.
L'ipertesto, il sistema di organizzazione associativa dei dati attraverso il computer, e' in questo senso illuminante: simula quelle soluzioni combinatorie che la lettura produce, aprendo continuamente intorno ad una parola, ad un concetto, un area di riferimenti ulteriori. Offre insomma una sorta di protesi cognitiva, un potenziamento delle nostre procedure mentali che vengono così sollecitate ad essere più dinamiche.
La multimedialità interviene sui processi originari della conoscenza, invera un paradosso: una delle massime espressioni dell'artificialità tende così a riattivare le modalità naturali dell'apprendimento.
Il Libro è in fondo un mymedia ma è certo che non può più reggere l'impatto, lo scontro, con il massmedia televisivo così radicato nel pensiero collettivo .
E' su una sottile linea d'intersezione che è quindi necessario operare: una condizione in cui si coniughi la necessità di un senso interiore con la capacità di condividere, producendo un efficace scambio culturale, pensiero collettivo.
Quando nel 1945 Vannevar Bush scrisse il famoso articolo sull'Atlantic Monthly dal titolo As We May Think si presagi' questa tendenza all'interattività, come principio attivo che simulasse quello della mente. L'esperienza di Bush fu allora sollecitata da una particolare missione istituzionale: coordinare per conto del Presidente Roosevelt lo sforzo di guerra degli scienziati americani. Cerco' infatti di superare le logiche sequenziali e classificatorie per ordinare le molteplici informazioni prodotte dalla ricerca tecnoscientifica adottando un dispositivo, il Memex (Memory Extender). Una macchina multimediale antelitteram che con microfilm, nastro magnetico (allora appena scoperto) e tecniche della fotografia a secco avrebbe dovuto simulare i comportamenti del cervello dove le classificazioni cognitive avvengono non gerarchicamente (per generi, o classi, o ordini alfabetici) ma per associazioni.
L'invenzione di Vannevar Bush servì ad aprire un nuovo ciclo di esperienze come quelle qui applicative di Englebart (l'inventore del mouse) e quelle utopiche di Ted Nelson che nel 1965 varo' il progetto Xanadu, la leggendaria rete ipertestuale, idealizzata come una futura Biblioteca d'Alessandria virtuale. Un utopia che sta prendendo forma attraverso la diffusione esponenziale della rete delle reti, Internet.



POSTAVANGUARDIA

E' a sud delle cantine romane che si sviluppa un'area di ricerca teatrale insofferente del manierismo di quell'avanguardia definita in parte Teatro Immagine.
Varie rassegne nella meta' degli anni settanta vengono promosse tra Napoli, Salerno e Cosenza ed e' qui che nel novembre 1976, all'interno del "Progetto di contaminazione urbana", prende il via la Postavanguardia.
Si tratta inizialmente di una sorta di "cartello" di formazioni teatrali di nuova generazione: Gruppo Teatro Stran'amore (che divenne poi Beat 72, di cui Simone Carella e' sempre stato il fulcro), Il Carozzone (chiamato poi Magazzini Criminali e infine I Magazzini), La Gaia Scienza (divisa poi in due anime: Compagnia Barberio Corsetti e Compagnia Solari-Vanzi), e subito dopo Spazio Libero e Teatro Oggetto. Dalle rassegne del Beat 72 "La Nascita del Teatro" e "Iniziative di ii" nel 1977-1978 inizia a montare un vero e proprio movimento culturale, piu' che teatrale, tale da fare del cortocircuito arte/vita e privato/politico un linguaggio e un comportamento assolutamente inedito.
Emergono altri gruppi come Falso Movimento,Teatro Studio di Caserta, Dark Camera (Marcello Sambati) e poi ancora Il Marchingegno (poi Kripton), Padiglione Italia, Tradimenti Incidentali, etc.
Il passaggio a sud trovo' momenti decisivi a Padula, alla Reggia di Caserta e a Napoli dove subito dopo il terremoto del 1980 si accentuo' un'attenzione culturale di straordinaria vitalita'. Una migrazione questa, un nomadismo gia' avviato nel 1972 da Leo De Berardinis e Perla Peragallo quando esausti degli edonismi romani si stabilirono a Marigliano, sviluppando l'idea di un "teatro dell'ignoranza", elementare e nichilista.
Non si puo' dire che Leo fece parte della Postavanguardia ma fu da subito uno dei riferimenti piu' precisi, la carica esistenziale e nichilista del suo teatro influenzo' molto le nuove generazioni.
La linea radicale della Postavanguardia si stempero' con il tempo, varcati gli anni ottanta cambio' il clima, spirava il "postmoderno", un venticello postideologico che coniugava l'idea di metropoli con la velocita', anzi l'accelerazione delle trasformazioni in atto.
E la Postavanguardia dalla performance concettuale, desiderante e clandestina passo' alla cosiddetta Nuova Spettacolarita': un teatro ideale per quegli anni, veloce e suadente, efficace anche per i palcoscenici all'italiana appena conquistati.



SCENARIO DEGLI ANNI SETTANTA
Negli anni Settanta in Italia l'antagonismo sociale e politico, la cosiddetta "lotta di classe", raggiunse i livelli piu' alti di conflittalita' in Europa e non solo.
Le tensioni culturali furono irreversibilmente investite di queste urgenze e il teatro gioco' la sua parte, in particolar modo quello della sperimentazione.
Un ruolo piu' importante di quello che si possa pensare, proprio perche' il felice disordine teatrale fu una delle peculiarita' del contesto italiano. Di quella Memoria dell'Avanguardia c'e' da trarre indicazioni utili tutt'oggi per le rilessioni in campo sulle modalita' della comunicazione.
Alcuni precedenti come il Convegno del Nuovo Teatro svolto ad Ivrea nel 1967 segnarono un corso di esperienze che si trovo' ad attraversare il Movimento del '68 e a rifondare i canoni della rappresentazione teatrale ancora troppo condizionata dagli stilemi ottocenteschi del dramma borghese. Molti protagonisti tendono a confluire poi in diverse forme di manierismo scenico come il Teatro Immagine e altri fenomeni che faranno delle cantine romane dei luoghi d'attrazione piu' mondana che culturale. Emergono nuove generazioni di autori che alla meta' degli anni Settanta iniziano ad investire energie fresche tese a creare una politica di scambio teatrale diretta, inquieta, destabilizzante. E' la stagione del Teatro Militante espresso da spontanei gruppi di base e da "collettivi" piu' organizzati e, su un'altro piano, da performer e formazioni che diedero poi corso alla Postavanguardia. Su quest'ultima linea (di cui Giuseppe Bartolucci fu il maggior promotore) si sviluppo' un vero e proprio movimento culturale esteso ad una riflessione articolata ed ideologica sul contemporaneo, sulla dimensione metropolitana, su tutta quella complessita' che fu definita pensiero Postmoderno.
Per abbracciare meglio l'arco di questi anni Settanta del teatro italiano (riconosciuto da molti come il piu' vitale del pianeta) va colta anche l'esperienza del Terzo Teatro: un movimento sorto sulla base della lezione teatrale di Jerzi Grotowski e dell'Odin Teatret ed esteso sul principio attivo del training, il lavoro sul corpo. Postavanguardia e Terzo Teatro per diversi anni rappresentarono degli emblematici opposti estremismi di un fare teatro che in Italia raggiunse livelli amplissimi di aggregazione. Un dato da considerare alla luce di uno scenario politico che degenerato nei cosiddetti "anni di piombo" del terrorismo costrinse miglia ia di giovani a convogliare le proprie energie dalle piazze dello scontro sociale a quelle dell'incontro teatrale. Una migrazione culturale favorita da un'oculata e contradditoria politica consociativa, caratteristica propria di un paese come l'Italia di quegli anni.



LA GAIA SCIENZA

Pensare al teatro come "gesto contemporaneo" significo' sottrarsi alla logica interpretativa di tutta quella cultura teatrale fondata sul patrimonio drammaturgico scritto. E' ed e' stato l'atto piu' semplice e chiaro per una generazione che ha cercato nel teatro un modo per essere al mondo.
La Gaia Scienza fece delle sue azioni dei momenti esemplari di "gesto contemporaneo": performance come la Rivolta degli oggetti, in particolar modo nella versione all'aperto presentata in una festa della nuova sinistra nel 1976 tra gli alberi di Villa Adriana in Roma, rimane nel ricordo per la leggerezza e l'armonia del rapporto tra corpo e parola.
Dalla "contact improvvisation" di Steve Paxton fu raccolta l'intuizione dei corpi che dialogano per contatti fugaci, un approccio piu' lieve e disincantato della fisicita' imperante nel teatro d'allora di marca grotowskiana o Living Theatre. L'esperienza de La Gaia Scienza si colloca in un punto di raccordo tra il teatro d'azione, fondato sulla presenza dell'attore libero da ogni soluzione di rappresentazione e una complessa progettualita' scenica affidata principalmente al ruolo degli oggetti, dei materiali agiti in quel "campo di forze" che e' la scena.
Spettacolo decisivo nella crescita del gruppo e' Cuori Strappati (1983), emblema di una Nuova Spettacolarita' in grado di superare gli ambiti della performance propri della Postavanguardia per conquistare altri spazi, piu' ampi.
La crisi di crescita conseguente porta il gruppo a dividersi in occasione della Biennale Teatro del 1984 da cui nascono la Compagnia di Giorgio Barberio Corsetti e la Compagnia Solari-Vanzi .



DERRICK DE KERCKHOVE

E' considerato l'erede intellettuale di Marshall McLuhan,non e' quindi un caso che diriga il McLuhan Insititute di Toronto.
Una delle sue magnifiche ossessioni e' quella di studiare le interazioni neuro-culturali tra tecnologia e corpo.
La citazione utilizzata e' tratta da un suo articolo per VIRTUAL (n.4 - aprile 1993) dalk titolo "Il comune senso del virtuale". L'irreversibile trasformazione verso una societa' elettronica sta cambiando anche il senso comune, il dizionario che consente la comunicazione tra i saperi.
Il periodo da cui e' estratta la citazione recita cosi: "Il teatro antico inventato con l'alfabeto in Grecia era la simulazione fisica di uno spazio mentale, la realta' virtuale e' la simulazione psicologica di uno spazio fisico".



DRAMMA BORGHESE

Nella sua accezione originaria il termine "Dramma" si riallaccia al greco "drao" (agisco) per indicare non piu' solo il racconto ma una composizione in cui i personaggi entrano direttamente in conflitto tra loro.
Dal Settecento questa forma tende a diventare un preciso genere teatrale fino a toccare i livelli psicologicamente piu' complessi come nei casi di Ibsen e Cechov. Il "dramma borghese" diviene cosi' progressivamente inteso come la rappresentazione per ecce llenza, conforme alla societa che allora si andava formando, quella borghese.
Ma oggi in una societa' cosi' declassata e omologata dai massmedia che senso ha dare cosi' tanto importanza al "dramma borghese"?



CONVEGNO SUL NUOVO TEATRO
Può essere considerato un punto di partenza per l'avventura del nuovo teatro in Italia.
Ecco il Manifesto di quel convegno, pubblicato su SIPARIO (n.247 - novembre 1966).



TEATRI DELLA MEMORIA
L'idea che misurarsi con la memoria sia come abitare uno spazio e' decisiva per capire cosa si possa intendere per Teatri della Memoria. In uno spazio si agisce: le nostre percezioni quindi devono essere dinamiche. I percorsi della memoria non possono essere solo lineari e sequenziali ma analogici, combinatori per associazioni continue. Il teatro, quello migliore, quello di ricerca, si fonda sulla sinestesia dei linguaggi, sull'azione simultanea di diversi elementi visivi o sonori. Procede per montaggi analogici, nella sua progettazione principalmente. E' simile ai procedimenti dell'ipertesto, sui quali si basa tutta la multimedialita'. E'lo sviluppo di un'intuizione che l'arte della menemonica conosce da tempo: organizzare la memoria per definizione di ambiti e successivamente per "emblemi", immagini sensibili ed efficaci che colpiscano l'attenzione. Un percorso di memoria dovra' invitarci a fare esperienza: un'azione, anche se simulata psicologicamente attraverso la "navigazione" in un ipertesto. In un' opera multimediale il nostro approccio cognitivo e' di carattere "immersivo", molto meno astratto di quello stabilito con un libro da decodificare attraverso le nostre competenze alfabetiche. Si puo' quindi accettare di essere dentro un ambiente, uno "spazio della memoria" da abitare, da attraversare come un territorio, da interpretare come un teatro. In "L'arte della memoria" Frances A. Yates nella sua straordinaria ricognizione scientifica ed esoterica rileva gli esempi piu' alti dell'arte mnemonica. Tra questi quello di Robert Fludd, il filosofo ermetico che nel Rinascimento inglese influenzato da Giordano Bruno segui' da vicino il teatro di Shakespeare. E' il Globe Theatre, il mitico teatro scespiriano distrutto da un incendio ad essere preso come modello di un ideale "teatro della memoria". Ecco qui...



TEATRO MILITANTE

Nella diffusa policizzazione della vita culturale il teatro gioco' negli anni settanta un ruolo attivo e per alcuni versi decisivo. E' sull'onda di questa tensione che si sviluppo' il cosiddetto Teatro Militante, qualcosa da non delimitare assolutamente all'interno di un genere ma da considerare come un fenomeno emblematico di quell'epoca.
Sulla base di queste esperienze si svilupperanno poi il Teatro d'Animazione nei quartieri e nelle scuole, il Teatro di Gruppo (in buona parte orbanico al Terzo Teatro) e una performativita' irregolare a cui l'"avanguardia di massa" espressa dalle frange più creative del Movimento del 77 deve molto.
Nella storia teatrale del novecento e' possibile cogliere dei precedenti fondamentali nell'Agit Prop tedesco degli anni venti. Tra i protagonisti del Teatro Militante in Italia negli anni settanta troviamo Dario Fo e La Comune, il Teatro del Sole, il Colletivo Majakovskij per citare solo alcuni dei tanti che passarono per quell'"area" di presa di cosceinza improvvisa ed estemporanea.




DADA

"Dada!" e' lo slogan senza senso lanciato da un movimento artistico che ruppe per primo uno status quo culturale.
Era il 1915 e intorno al Cabaret Voltaire di Zurigo e ai "manifesti" di Tristan Tzara si creo' un'area di artisti radicali che iniziarono a cortocircuitare l'arte con la vita.



SITUAZIONISTE
Le gesta di quel movimento che creo' i presupposti per il '68 francese. Teorici estremi come Raoul Vanegeim e in particolare Guy Debord con "La societa' dello spettacolo" intuirono con grande anticipo la devoluzione della societa' di massa. Con slogan come "l immaginazione al potere" rilanciarono il valore delle indicazioni dadaiste coniugandolo con una militanza politica radicale.
E' infatti sotto il segno dell'abolizione della differenza tra arte e vita che si connoto' il pensiero situazionista che come un fenomeno carsico ha attraversato questi decenni: nelle "fanzine" del Movimento del '77 , in alcuni atti della Postavanguardia, in Blob fino alle nuove sensibilita' cyber.