Per un'ecologia della comunicazione, verso l'autopoiesi
di Carlo Infante
Sta accadendo quello che in buona parte aveva intuito una generazione cresciuta in una terra di nessuno postideologica, disambientata politicamente e nomade.
Un nomadismo psichico, più che culturale, disposto anche ad andare alla deriva, rivendicandone perlomeno quel senso situazionista che per derive intende un comportamento sperimentale tale da provocare uno spiazzamento dei modelli di vita precostituiti.
Si presagiva infatti già alla fine degli anni settanta la devoluzione della società massificata, disancoratata dalla sua rappresentanza partitica (sempre più sfiduciata) nonchè rintronata dal rumore dei suoi massmedia.
E al contempo l'emergere di possibilità comunicative particolari, parcellizzate, connotate da un'azione locale coniugata a un pensiero globale. E' su queste tensioni, ad esempio, che s'innestò il fenomeno delle radio libere.
Solo per fare intendere la qualità delle pratiche allora in atto.
Ma allora fu tutto confuso e viziato da una retorica politica che falsò la ricerca di nuova comunicazione e di altra aggregazione.
Un'idea possibile, non utopica, che prefigurava una complessità sociale in grado di comprendere l'esistenza di differenze culturali, mondi paralleli, zone temporaneamente autonome (le famose TAZ di cui parla Hakim Bey, uno pseudonimo vagamente sufi di un esponente della controcultura americana).
TAZ erano alcune radio libere, fanzine, gruppi teatrali, factory video e principalmente alcuni festival di una produzione artistica indipendente che riuscì a ritagliarsi extra-ordinari spazi di manovra tra le pieghe di un sistema culturale inerte.
Esperienze sparse che oggi valgono come precedenti emblematici di una nuova sensibilità in grado di influenzare i mercati emergennti dello scambio culturale e comunicazionale.
Lo sviluppo di alcune di quelle intuizioni sono oggi riscontrabili in fenomeni come le Comunità Virtuali e la diffusione del mymedia, un concetto inedito che inizia a rendere evidente l'approccio personale con una comunicazione elettronica sempre più orizzontale, oltre e contro quella a senso unico dei massmedia.
Ma allora non era altro che l'intuizione astratta di un'avanguardia marginalizzata e a suo modo orgogliosa della propria differenza altera.
Molti di quella generazione , passata attraverso il fuoco del conflitto politico radicalizzato fino a livelli insostenibili, scelsero la strada della reintegrazione, una scelta automatica per alcuni , surfisti di qualsiasi moda, anche quella dell'impegno politico.
Per altri fu importante cercare il modo per tradurre l'alterita' dei propri linguaggi-comportamento in un valore di scambio sociale e artistico.
E' tra questi che é possibile individuare un percorso in cui è espressa una qualità in grado di interpretare la mutazione in corso.
Proprio perché predisposti psicologicamente ad uno spostamento continuo, nomade, tra immaginari e contesti culturali.
UN'AVANGUARDIA DI MASSA
Lo stesso Movimento del '77 aveva dimostrato quanto fosse decisivo sganciarsi dal principio dell'aggregazione politica e ideologica per liberare delle energie potenziali altissime e incontrollabili. E non a caso fu questo il terreno di coltura per chi ordiva tattiche di basso terrorismo, approfittando del disordine eccellente.
Con quella libertà in corpo fu possibile però creare eventi formidabili, in cui rendere pubblico, e politico, un gesto, un atto esemplare, uno slogan, un pensiero.
E' in quei momenti che é stato chiaro rilevare una trasformazione dei linguaggi sempre meno referenziali e ancorati ai propri contesti semantici, creando delle emblematiche confusioni tra arte e comunicazione.
Fu la messa in scena di un progetto ideale già espresso dalle avanguardie storiche, da quelle del Dada in particolare, e poi rilanciate con una lucidità sconcertante dai Situazionisti.
Nella cortocircuitazione tra arte e vita fu colto un modello esemplare di comportamento, in buona parte vissuto inconsapevolmente anche perché si diffuse come un vero contagio, improvviso e coinvolgente. Inesorabile per alcuni.
Fu una tensione che permeò quel Movimento ,ormai disancorato dagli stereotipi della militanza politica che aveva, invece ,omologato i comportamenti giovanili degli anni settanta.
Si tratta quindi di una deriva generazionale, ma non solo, che produsse di fatto un'avanguardia di massa. Un'alterità felice e proiettata verso una rigenerazione dei linguaggi-comportamento.
Come un fenomeno carsico, sotterraneo, queste sensibilità postpolitiche ed estranee agli schemi culturali vigenti hanno creato esperienze avanzate sul fronte artistico, senza formare aggregazioni visibili ( c'é chi rivendicò anche una invisibilità ).
Altro dato sostanziale da rilevare è poi quello per cui queste forze, le più attive e lucide della propria generazione, furono schiacciate da quel patto consociativo stipulato ( per via di uno status quo internazionale, ma non solo) tra DC e PCI, e relegate in un limbo che da una parte ne esaltò la felicità marginale mentre negava qualsiasi ricambio generazionale nell'assetto istituzionale.
Tutto questo produsse uno strappo irreversibile tra istituzione politica e sperimentazione vitale, una scissione tale da giustificare alcuni nel flirtare con quella rappresentanza politica che approfittò di questo stato d'abbandono e di sottovalutazione dell'intelligenza collettiva.
Nel reclutare queste componenti si creò la forza d'impatto del PSI craxiano e di molte delle imprese milanesi ( di Pubblicità, Moda e Televisione, come la Fininvest).
Ma sotteraneamente , libere dalle pastoie, le nuove sensibilità postpolitiche hanno attraversato il deserto degli anni ottanta, agitando le coscienze e inventando opportunità di incontro e di produzione spettacolare. Già nell' Estate Romana nicoliniana fu possibile cogliere un particolare spirito situazionista, ma anche in pubblicazioni come Il Male e Frigidaire, già anticipate da fanzine come A/Traverso ,Zut e Oask.
Sintomatiche in tal senso furono le gesta della Postavanguardia teatrale, sovversiva e mimetizzata nei paesaggi metropolitani che in quegli anni si tingevano di vaghezze postmoderne. Il nomadismo psichico di un'area indeterminata di autori e attenti scrutatori d'anime si sviluppa in quegli anni in cui la realtà italiana si droga di consumismi estemporanei senza comprendere minimamente il carattere delle mutazioni in corso.
E' opportuno a questo punto cercare di non essere schematici: se é vero che gli anni ottanta hanno desertificato il vivere sociale va anche detto che furono bensì formidabili i primi bagliori del decennio. Allora fu possibile individuare la necessità di superare la fase dell'impegno politico penitenziale per scoprire nuove possibilità di vita. La stessa riscoperta dell' edonismo tanto demonizzato come una decadenza e un'acquiescenza ai modelli cosiddetti reaganiani, fu decisivo per il rilancio di alcune energie vitali.
I primi anni ottanta misero in circolazione veloce quelle sensibilità che avrebbero sollecitato una nuova predisposizione percettiva: dall'ambient music di Brian Eno ai frippertronic di Robert Fripp e ai suoni del quarto mondo di Jon Hassell, per non parlare dell'oralità sintetica di Laurie Anderson, del teatro del non-tempo di Bob Wilson, dei video metamorfici di Bill Viola e del cinema on the road di Wim Wenders.
Spostamenti progressivi di una sensibilità sempre più disancorata dal corso lineare della narrazione logico-consequenziale e tesa verso una percezione aperta, disponibile alle libere combinazioni sinaptiche e analogihe.
I NUOVI VALORI D'USO
Fu decisivo allora sperimentare una sensibilità affinata alla trasformazione del consumo di informazioni e alla sempre più sollecita sinestesia percettiva. Fu il modo per rendere attiva una disponibilità sensoriale che si allenò da subito ad una multimedialità che allora non esisteva come standard di comunicazione ma solo come presagio di nuovi linguaggi.
Da questi riferimenti si può ricostruire un background, un preciso retroterra culturale alle politiche della mutazione. Proprio per non accettare l'idea di dover rincorrere segnali di contemporaneità che per quanto avanzati siano , dettati come sono dalla spinta dell'accelerazione tecnologica , devono bensì essere non solo interpretabili da una coscienza evolutiva ma traducibili in nuovi valori d'uso.
E' questo uno dei punti chiave sul quale far ruotare tutto il ragionamento sulla mutazione di fine millennio.
Il valore d'uso delle nuove tecnologie digitali può essere letto come consapevolezza di sè in un nuovo ecosistema, una particolare attitudine che si fonda sul principio per cui la vita può e deve essere sperimentata.
La libera diffusione delle reti telematiche fa infatti comprendere ,giorno dopo giorno ,questa tensione forte, se non esponenziale, a parlare i linguaggi elettronici, ad appropriarsene ,a coniugarli al presente, a utilizzarli per moltiplicare le possibilità di vita.
Riconoscere l'esistenza di una predisposizione culturale all'avanzamento dei linguaggi é quindi decisivo per rompere l'assedio psicologico dell'offerta tecnologica. Per capire e far capire che esiste un corso progressivo dell'esperienza riconducibile a particolari combinazioni di vita e di ricerca.
Esiste infatti un'area di cibernauti affinati ad una sperimentazione che può essere rivelata anche come psicogeografica, secondo quell'ascendenza situazionista che per molti rappresenta non solo un vezzo ideologico ma una matrice di comportamento. La cosiddetta psicogeografia è alla base del nomadismo culturale di cui si è già detto e di quella disposizione psicologica attiva nella navigazione ipermediale.
LE COMUNITA' VIRTUALI
In questa ottica è possibile interpretare le caratteristiche di questa nuova sensibilita' d'approccio alla comunicazione: le comunita' virtuali lo confermano, esprimendo una tendenza egualitaria e cosmopolita che ormai si sta profilando come un modello chiaro di riferimento.
E' una sperimentazione radicale sui nuovi linguaggi riconosciuta oggettivamente come un valore d'uso di comunicazione. Un modello di comportamento che ha ormai superato l'antagonismo dello spiazzamento ( il riferimento é diretto al concetto situazionista di détournement) e del disfacimento delle vecchie sovrastrutture per creare un principio attivo di nuova socialità.
L'esempio della comunità virtuali é indicativo per rendere comprensibile il possibile: uno squarcio del velo di maia, la coltre dell'illusione ordinaria, ci rivela come é possibile coniugare l'espansione della coscienza con quella dei mercati.
Un'affermazione che può sembrare ad alcuni anche paradossale e insostenibile ma che rivela una lucidità prammatica ,doverosa ,da assumere per evitare di trincerarsi in patetismi morali.
Tra corpo e mente non c'è separazione, tra materialismo e spiritualità può esistere un rapporto, tra mercato e bene comune c'è compatibilità.
La terza ondata di cui parla Alvin Toffler sta spazzando via gli schemi rigidi della società industriale con le sue contraddizioni, lavoro/produzione di ricchezza, e sta liberando delle risorse mentali ed economiche che non era possibile immaginare vent'anni fa. Ora é evidente che la comunicazione e lo scambio immateriale delle informazioni diverranno la merce del futuro.
Eppure viviamo in una societa' (quella italiana in particolare, così viziata dal duopolio televisivo) in cui non è possibile ancora abbracciare l'idea di valore d'uso della comunicazione: la telecrazia ne ha infatti imposto un modello di consumo passivo.
Si e' spettatori di una quantita' d'informazioni sempre maggiore e di uno spettacolo della società (che sembra ribaltare l'idea di società dello spettacolo) del quale si tende ad essere acquiescenti. E' proprio contro questa acquiescenza, questa insostenibile inerzia culturale nei confronti dei massmedia, che é necessario agire per dimostrare che é possibile stabilire un rapporto armonico tra media elettronici e società.
Le nuove tecnologie multimediali e telematiche stanno delineando delle strategie di mercato entro le quali si può e si deve intervenire per attuare una gestione diretta e consapevole dei sistemi di comunicazione. Per renderne evidente il ruolo potenziale di bene comune , così come è avvenuto per l'ambiente naturale, per un bosco o un lago.
La politica ecologica verde é riuscita a rendere comune l'idea di salvaguardia dell'ambiente in una società ancora centrata sull'industrializzazione. Così una politica ecologica cognitiva deve dimostrare alla società postindustriale dell'informazione che da salvaguardare oggi è l'ambiente mentale.
Porre quindi i termini di un'azione politica ( o postpolitica) per un' ecologia della comunicazione é più che necessario, anche per non scivolare su scorciatoie giuridiche come quella dell'antitrust televisivo. Soluzione tipica di una classe politica che sa ragionare solo per tranelli burocratici. Quando parliamo di postpolitica vorremmo far intendere quanto sarebbe importante accelerare i processi culturali e comportamentali che trasformino l'azione pubblica, incentivando l'azione diretta e inventando modi e linguaggi. Senza sentirsi orfani delle regole di protezione politica e senza spaventarsi della deregulation, lo spazio franco dei liberisti spregiudicati.
IL MYMEDIA
I nuovi media fanno intuire quante potenzialità possano entrare in gioco, rivalutando proprio il principio dello scambio orizzontale, biunivoco, della comunicazione intesa realmente come tale. Un principio fondamentale per creare le opportunità adeguate per la convivenza civile. Emergono anche altre possibilità inedite in grado di attivare disponibilità sensoriali scatenanti.
Si inizia così a parlare di mymedia , il media personalizzato attraverso l'interattivita' con l'utente, come approccio alternativo al grande gioco dello scambio immateriale.
Contro la verticalita' del broadcasting televisivo emerge quindi un'opportunita' orizzontale e democratica nell'uso di nuovi linguaggi della comunicazione elettronica, attraverso cui reinventare i modi di partecipazione e di controllo sociale.
E' assodata ormai la valenza politica di questo dato: la telecrazia ha fatto saltare le regole del gioco democratico, la quantita' di televisione trasmessa ha pervaso a tal punto la qualita' della vita sociale da falsare i rapporti e i valori dello scambio politico.
Lo stesso concetto di democrazia va quindi forse riformulato. La pervasività televisiva, dettata dall'inesorabile flusso pubblicitario di cui é intrisa, ha minato a tal punto la volontà del telespettatore medio da abbassarne le difese culturali. Le volontà rischiano di non essere più in grado di esprimere giudizio in libertà. In questo contesto la democrazia, intesa come opportunità del confronto tra le volontà, potrebbe non sussistere. Per dissolvenza, senza traumi. E' su questo pericolo che é necessario intervenire con lucidità strategica e non con scorciatoie politiche.
L'ERA POSTELEVISIVA
Non resta che proiettarsi oltre questa condizione di grave acquiescenza, interprentandola anche come un prezzo storico da pagare .
Fu sottovalutata a suo tempo l'importanza decisiva del controllo del mercato televisivo , le pastoie del partitismo italiano erano centrate più sulle USL che sull'etere.
Ora s'intravede un riscatto di tutti quegli errori: la politica sta costruendo il suo perno sul campo della comunicazione. Un bel ritardo, visto che è ormai più che evidente, se non ovvio , il fatto che i massmedia stiano esaurendo una loro funzione.
Bisogna proiettarsi oltre, questo significa rendere comprensibili le possibilita' postelevisive: ovvero trovare nello sviluppo tecnologico una soluzione compatibile con l'evoluzione umana, sul piano cognitivo ed ecologico.
Si deve quindi trovare un raccordo tra l'espansione dei mercati delle nuove tecnologie della comunicazione e quella di una coscienza diffusa nell'utilizzo intelligente e sensibile delle potenzialita' offerte.
E' solo una questione di tempo. Sono recentissime le grandi operazioni finanziarie che vedono alcuni tra i maggiori attori dell'economia mondiale (come Bell Atlantic, Tele Communications, Time Warner,etc) creare strategiche sinergie da attuare sulle electronic highways ,proclamate a suo tempo da Clinton e Gore. Queste strategie d'impresa sigleranno un epocale salto di qualita' dei mercati delle telecomunicazioni. Una fortissima accelerazione in avanti, ancora piu' avanti. E' il gioco dell'avanzamento tecnologico, destinato a procedere in via esponenziale, ampliando i mercati e di conseguenza abbassando i prezzi dell'accesso.
A questo punto la questione non e' nel sottrarsi a questo gioco ma nel cercare di giocarlo. Ora, in una fase in cui e' ancora possibile creare dei precedenti: eventi e applicazioni che dimostrino in modo inequivocabile ed efficace dei valori d'uso.
Sarà decisiva la produzione di ipermedia geniali, proiettati sui vari campi, non solo quelli artistici ma anche quelli didattici, o meglio ancora dell' edutainement ( educational più entertainment), tesi quindi ad intervenire efficacemente sulle nuove modalità dell'apprendimento.
L 'offerta di tecnologie è però montante e non sa (e non vuole) fare i conti con la domanda: si creano continuamente standard diversi, in una conflittualita' commerciale programmata per indurre consumi, non usi.
Tutto questo può essere superato, non sconfitto. E' evidente.
VERSO L'AUTOPOIESI
E' qui che si profila con determinazione la volonta' di trovare nelle applicazioni multimediali e virtuali l'attuazione di un processo evolutivo dei linguaggi e delle percezioni che interpreti la mutazione in corso.
Si tratta di rilanciare quel senso , rimosso, se non perduto, di creazione di esperienza collettiva e anche, certo, di comunicazione sociale. Una tensione che come abbiamo già detto é presente nello straordinario fenomeno di Internet, la rete delle reti, grazie a quel principio dell'approccio reticolare, frattale, antigerarchico (il fatto che sia stato pensato in ambito militare è un clamoroso paradosso ), orizzontale per eccellenza. Una tensione che per altri versi, più psicologici se non epistemologici, è insita nella ricerca delle Realtà Virtuali. Un ambito fondamentale per rendere comprensibile una possibilità nuova del passaggio postumanista: dal punto di vista, prodotto dalla tecnologia della rappresentazione- Prospettiva, al punto di vita della navigazione immersiva.
Un vero e proprio nuovo paradigma cognitivo in cui vedere coniugare percezione e conoscenza.
In questo senso, almeno secondo quest'ottica ottimistica, è possibile pensare come si svilupperà la mutazione in corso, procedendo per salti di qualità, antropologici e imprenditoriali, creando autori e produttori indipendenti di nuova comunicazione interattiva.
Si tratta di processi di scambio culturale e di energia al contempo, in cui fondere l'emozionalità ineffabile di un ascolto profondo con la visionarietà accesa di un archetipo e un'informazione ben connotata : progetti di comunicazione in cui rilanciare il principio libidico del sapere.
Una di quelle tensioni ideali, postpolitiche, funzionali all'accrescimento di sensibilità e a quella capacità di autorganizzazione sensibile che potremmo chiamare autopoiesi , mutuando il termine dal pensiero cibernetico di Varela. Una nuova sensibilità che dia fisicità al nostro pensiero pensante e che ci sostenga nel nostro navigare per imparare ad imparare.
Una qualità che vale la pena immaginare quando si parla di ecologia cognitiva.
Carlo Infante
(per "Cibernauti. Posturbania" Ed Castelvecchi 1995)