di Carlo Infante
"Bisogna forgiare la nostra immaginazione,
le nostre facolta' percettive,
fino all'idea di un'intensita' che invece di posarsi su un corpo produttore lo determini".
(J.F.Lyotard)
L'elettronica e' una condizione che sta rivoluzionando le visioni e le pratiche del mondo.
A presagire questa rivoluzione sono stati in primo luogo quegli autori ed artisti che negli ultimi dieci anni hanno affinato le loro sensibilita' alla condizione immateriale dell'elettronica, sperimentandola anche sul campo della nuova spettacolarita'e della ricerca artistica .
Attraverso il video e il computer si sono venute quindi a creare delle esperienze che hanno rilanciato il gioco delle percezioni in una sperimentazione che ha prodotto nuovi linguaggi, nuove estetiche, nuove percezioni dello spazio e del tempo.
Queste esperienze sono nate da un'inquietudine culturale che ha anticipato i termini dello stato attuale dell'avanzamento tecnologico enfatizzandone in alcuni casi lo spirito di contemporaneita'e l'accelerazione del superamento secondo i canoni ideologici dell'Avanguardia.
E' stato proprio in questa anticipazione, anche se in qualche caso enfatica e tendenziosa, che risiedono le qualita' piu' valide di una ricerca tesa a rendere sensibili e calde le algide tecnologie.
Primo perche' nello spirito di contemporaneita' per come fu rivendicato allora (parliamo dei primi anni ottanta) risiedeva un alto tasso di consapevolezza delle trasformazioni culturali in atto. Una coscienza organica al moto della storia dell'arte.
In cio' si e' determinata una forte tensione etica ed estetica generata dalla cultura dell'Avanguardia (del "neodada" , del Gruppo Fluxus , della performance diffusa, della Postavanguardia teatrale) ma ormai libera da quei vincoli ideologici.
Da allora si e' delineata una dimensione di ricerca artistica intermediale, affrancata dalle specificita' dei linguaggi teatrali, video, musicali, visuali tout court, e quindi poco riconoscibile dagli stereotipi della Critica e del mercato culturale.
In questo senso c'e' molto da lavorare per creare nuovi sistemi di orientamento e di valutazione estetica, procedendo per comparazione tra culture e tradizioni diverse, non piu' solo eurocentriche, rilevando ad esempio nelle potenti ritualita' della visione orientale (si pensi solo al Tantra e all'osservazione estatica dei Mandala) dei modelli forti di riferimento per una inedita percezione dell'arte.
Emerge un'altra categoria dell'estetica coniugata per paradosso con i termini piu' avanzati della tecnologia e della comunicazione e al contempo con i valori piu' intimi della sensorialita'.
In questa condizione si stanno sempre piu' connotando degli autori nomadi tra i mondi della ricerca elettronica e artistica, protagonisti di una nuova sensibilita' dell'immateriale. Un nomadismo che caratterizzo' gia' la sperimentazione negli anni ottanta attraverso la pratica della performance e che oggi si estende ai mondi della nuova comunicazione e della tecnologia attraverso la pratica della "virtualita' espansa".
Il nuovo paradigma
La condizione della ricerca artistica immateriale ha avuto infatti con l'avvento delle Realta' Virtuali una accelerazione improvvisa e fortissima rendendo evidente alcune delle intuizioni su cui si fondavano esperienze alla "deriva" dell 'avanguardia.
Prima di tutto quella di concepire l'esperienza d'arte come gioco di percezione e forma di nuova comunicazione.
Qui risiede l'aspetto piu' forte della tendenza in atto, quella di un'espansione della coscienza percettiva fino all'idea di una multisensorialita' in grado di metabolizzare atti che coniugano l'arte con la comunicazione.
Questo e' accaduto perche' la virtualita' nella sua accezione ampia induce ad uscire dal mero contesto tecnologico per rilevarne il valore straordinario di paradigma del passaggio epocale.
La virtualita' intesa quindi come condizione "espansa" di percettivita' in rapporto all'elettronica e alle sue applicazioni molteplici. Intesa come nuovo linguaggio per eccellenza.
Di per se' i diversi dispositivi che vengono definiti "Virtual Reality" permettono un salto di qualita' tale nel rapporto tra uomo e computer da rilanciare i termini delle nostre potenzialita' percettive.
Con le Realta' Virtuali la visione si fa "esperienza" dato che non solo si vedono in stereoscopia scenari infografici con la sensazione forte di "abitarli" ma s'interagisce con essi a diversi livelli: dal cambiamento della visione prospettica attraverso i sensori applicati al visore alla possibilita'di "toccare" cose che non esistono ( se non nella memoria del computer) attraverso particolari interfaccia.
Ormai si sa molto di questi dispositivi e di quanto siano diversi gli approcci al "virtuale" attraverso una molteplicita' di sistemi regolarmente commercializzati anche in Italia.
Il fatto stesso di usare il plurale nel trattare di "Realta' Virtuali" deve invitarci quindi a superare la singolarita' dell'effetto speciale e del gadget tecnologico. Bisogna sfuggire alla logica che ci fa rincorrere il Tempo in accelerazione: una volta si credeva di trasformare il mondo ora sta accadendo l'esatto contrario.
Prima era l'uomo ad essere misura di tutte le cose ora e' sempre piu' il mondo, interiorizzato dal nostro corpo-terminale, ad essere misura di un mondo sempre piu' esteso.
E' necessario concentrarsi sui valori essenziali dei moti della trasformazione, tecnologica in primo luogo , per ritrovare le motivazioni dirette e quindi i "valori d'uso" in grado di produrre con chiarezza una domanda sociale adeguata.
Indagare sulla questione epistemologica di un fenomeno come questo delle "Realta' Virtuali" significa percio' cogliere le spinte dell'uomo a superare le barriere culturali e percettive costituite per espandere la propria coscienza. Spinte dettate da un irreversibile moto evolutivo della specie se proprio vogliamo usare un termine forte.
Puo' forse sembrare eccessivo ma e' indubbio che la storia dell'uomo passi attraverso quelle esperienze paradigmatiche che siglano un passaggio epocale, si pensi solo all'importanza dell'invenzione della "prospettiva" agli albori del Rinascimento. E' chiaro poi che stiamo trattando di una dinamica evolutiva valida solo da noi in Occidente, altrove l'idea stessa di "evoluzione della specie" non viene neanche compresa. Ma questo e' un altro discorso (anche se s'intreccio' emblematicamente in una serie di conversazioni con Grazia Marchiano' ed Elemire Zolla su "nuove tecnologie e ritualita' della visione" realizzate per il Progetto "Scenari dell'Immateriale" a Narni nell'ottobre 1992).
Nonostante tutto e' inevitabile riscontrare che nell'avvento delle Realta' Virtuali si stia delineando lo sviluppo progressivo di una trasformazione culturale in atto da tempo.
In questo senso la "virtualita'" rappresenta la punta emersa di un iceberg composto da un'area composita di esperienze che nell'arco degli ultimi anni ha sondato i mondi dell'elettronica applicata.
Le nuove sensibilita' dell'immateriale
E' indiscutibile il fatto che la sperimentazione artistica, piu' di quella scientifica e tecnologica forse, abbia colto il nocciolo fuso della vicenda creando occasioni di straordinaria interazione tra percezione umana e sisteni artificiali.
Artisti e intellettuali delle piu' diverse estrazioni hanno attraversato il mondo dell'elettronica creando precedenti fondamentali con cui fare i conti oggi in un dibattito in cui tanti si tuffano per fare il surf sull'onda del "virtuale".
E bene sia, i frutti stanno maturando, ma vediamo di coglierli prima che cadano facendo marmellata e confusione.
Senza dover partire troppo da lontano, dai primi esperimenti stereoscopici di Sutherland e quelli sulla "realta' artificiale" di Krueger negli anni settanta o dall'esperienza del gruppo Fluxus con Paik e Vostell, o per arrivare piu' vicino all'esperienza della videoarte di vecchi maestri italiani come Gianni Toti, possiamo cogliere segnali indicativi di una nuova sensibilita' virtuale da tempo in diversi autori ed artisti. Come Piero Gilardi e in gran parte il gruppo di Ars Technica,o Fabrizio Plessi, Maurizio Camerani, Giorgio Cattani legati al Centrovideoarte di Ferrara, fucina di videoinstallazioni , maestri della videografica tra arte e televisione come Mario Sasso.
Fisicita' e artificialita' della visione
Ma la condizione che consideriamo piu'stimolante e' stata forse quella espressa dal movimento della "postavanguardia" che tra la fine degli anni settanta e i primi ottanta ha creato una molteplicita' di performances "mix media" capaci di rifondare i termini di una teatralita' ai confini con l'arte elettronica come il "videoteatro" ha dimostrato. E' in questa ricerca estrema tra fisicita' e dimensione artificiale della visione che possono essere individuate le esperienze cardine della nuova sensibilita' virtuale. Si pensi a performances come "Iperurania" del Beat 72 o a quelle dei Magazzini Criminali, della Gaia Scienza, di Falso Movimento ( con le regie dell'allora giovanissimo Mario Martone) o per altri versi di Taroni-Cividin, Michele Sambin,Koine' Kripton e recentemente di Giacomo Verde e Paolo Liberati. Da La Gaia Scienza proviene il lavoro di Giorgio Barberio Corsetti che nel sodalizio con Studio Azzurro ha raggiunto i gradi piu' alti di fusione tra naturale e artificiale in eventi teatrali fondati sull'interazione tra attori e video.
E' proprio in Studio Azzurro che sara' poi possibile cogliere gli sviluppi piu' emblematici di una ricerca artistica in ambiente elettronico: dai "trompe l'oeil" video di "Lucidi inganni" (1982) a "Il Giardino delle cose" (1992) un'ambientazione realizzata per la XVIII Triennale in cui si investiga con telecamere all'infrarosso la natura stessa della visibilita', in una sorta di "koan" zen che ci interroga sui mondi virtuali a noi cosi' vicini nella quotidianita', nel buio ad esempio.
Un'altra formazione "storica" in questo campo sono i Giovanotti Mondani Meccanici che stanno operando con il software canadese Mandala System utilizzato in una serie di loro installazioni virtuali-interattive in grado di tradurre l'immagine degli spettatori ripresi da telecamere dentro gli scenari grafici trasmessi dal computer su grandi schermi televisivi. Un approccio semplice, senza complessita' immersive ( quelle dettate da visore stereoscopico e interfacce varie) molto vicine alle esperienze di Krueger il pioniere della "Realta' Artificiale". Esperienze importanti per capire che l'aspetto cruciale e' nella soglia percettiva da superare "entrando" nell'ambiente cibernetico, navigandoci dentro. In questo senso sono illuminanti le teorie di Derrick De Kerckove, direttore del McLuhan Program di Toronto, incontrato per la prima volta al convegno "Mondi Virtuali" di Venezia nel novembre 1990, e in altre occasioni come "Labirinti Virtuali" al CEDAR di Architettura al Politecnico di Milano.
" Il punto di vista scompare - sostiene De Kerckove - per cedere il posto al "punto di essere", sempre centrale ovunque si trovi,riflesso preciso, metafora tecnologica della realta' dei media che portano il mondo nelle nostre case".
E' evidente quindi quanto sia decisiva la questione della nuova sensibilita' in grado di porre in essere i termini della percezione nei confronti di esperienze assolutamente inedite. Non c'e' da banalizzare il fatto che si possa affrontare tutto cio' in quanto opportunita' straordinaria di stimolazione mentale o di "sogno lucido" come afferma Mario Canali, uno dei maggiori creatori di computer animation che da qualche mese sta elaborando software su sistemi di Virtual Reality immersiva per creare nuove navigazioni. Il fatto che Elemire Zolla abbia spiazzato molti enfatizzando le "Uscite dal mondo" non puo' legittimare nessuno a liquidare come esoterica una delle esperienze piu' paradigmatiche di questa fine millennio.
Stesso discorso vale per la demonizzazione delle Realta' Virtuali intese come "droga elettronica", aspetto che alcuni film hanno ovviamente accentuato, ma se proprio si vuole tirare in ballo un vecchio lupo dell'extravaganza come Timothy Leary bisogna interpretare il suo impegno in progetti di spettacolarita' virtuale in California come sviluppo di una ricerca sempre piu' avanzata sulla visionarieta'.
L'autopoiesi
C'e' infatti una coerenza in tutto questo, un moto generalizzato che attraversa piu' di una generazione di autori, artisti e ricercatori, ma anche di spettatori stufi di essere solo spettatori. In questo senso emerge una parola chiave come "autopoiesi", l'accrescimento di sensibilita', un'attitudine da coltivare, ascoltando, vedendo sempre meglio. Si pensi ad esempio a quanto sia cresciuta l'arte dell'ascolto dopo l' operazione "ambient music".
Un segnale indicativo quello espresso dal "non musicista" Brian Eno che sviluppando le intuizioni di Erik Satie e di John Cage ha offerto ad un ampia fascia di ascoltatori (quelli sfiorati dal circuito della new wave degli anni ottanta) un'opportunita' straordinaria per ascoltare sonorita' di evocazione interiore.
In questo senso emerge l'autopoiesi, l'espansione della coscienza percettiva in grado di produrre intensita' straordinarie come suggerisce Lyotard nella citazione che apre questo saggio.
Una citazione illuminante per capire quanto stia accadendo in un mondo in cui l'uomo non e' piu' al centro di tutte le cose. Un dato scardinante nella valutazione nella fruizione artistica, ma non solo. In questo approccio con l'entita' immateriale dell'elettronica c'e' il nodo essenziale dei processi di Comunicazione nonche' di quelli della Produzione futura. La virtualita' e' all'anno zero del gioco, non tanto per il know how tecnologico ma per il bassissimo tasso di consapevolezza culturale e sociale nell'uso di queste opportunita'.
In Italia piu' che in altri Paesi, come la Francia e l'Inghilterra, non si e' riusciti ad impostare una strategia istituzionale e come al solito e'il "paese reale" a produrre esperienze pilota. E' nel mondo della Ricerca, come quella artistica, quella piu' disposta a rischiare per la "messa in forma" di un linguaggio che si sono registrate le iniziative pubbliche piu' forti su questo fronte. Atti esemplari nel sondare le peculiarita' del rapporto tra percezione umana ed elettronica, una dimensione immateriale in cui si sta superando la visione per misurarsi con le entita' indeterminate dell'energia. Potenzialita' infinite che nella prospettiva ci fanno presagire un superamento delle macchine e dell'Era della Forza meccanica per entrare in una nuova Era, quella della Forma.
Dalla forza alla forma
L'idea stessa di trasformare l'energia in forma e'infatti alla base delle ricerche piu' sensibili sul fronte dell'elettronica e dell'infografia in particolare .
La nuova sensibilita' risiede in questa capacita' di rendere comprensibile il possibile ( e viceversa: rendere possibile il comprensibile) spostando continuamente in avanti i termini della percezione, in primo luogo quelli della nostra fisicita', del nostro corpo.
Il nostro corpo e' di fatto inscritto in un processo evolutivo che millennio per millenmio ha determinato geneticamente delle trasformazioni che ora riscontriamo platealmente nel nostro essere interfaccia con i piu' diversi medium elettronici. Il nostro corpo tende ad estendersi "naturalmente" attraverso l'uso di arnesi e protesi per intervenire all'esterno e addirittura per includere in esso l'universo che lo contiene , come lo stesso McLuhan presagiva quando evidenziava la somiglianza straordinaria fra un sistema elettronico e il sistema nervoso e sensoriale del nostro corpo.
Se accettiamo l'idea di portare in giro per il mondo una collezione di molecole e atomi rotanti possiamo anche pensare che il corpo possa essere riprogettato come "trasmettitore limpido" secondo il suggerimento di Sri Aurobindo, il maestro dello "yoga sovramentale".
In questa ottica la virtualita' rappresenta un'espansione straordinaria per la nostra coscienza percettiva bloccata da secoli di convenzioni umaniste istituite per dare un corso lineare alla storia della conoscenza.
Carlo Infante
per "Del Virtuale" Edizioni Il Rostro, marzo 1993