Una ricognizione attraverso quelle occasioni in cui si sta sviluppando un pensiero sulla mutazione attuata dall'avvento delle tecnologie digitali.
Il pensiero digitale
Verso un nuovo paradigma cognitivo
L'avvento delle tecnologie digitali ha scardinato la dicotomia che per tanto tempo ha separato il dibattito culturale da quello tecno-scientifico.
E' ormai evidente che l'epicentro della questione risiede nel rilevare le modificazioni psicologiche e percettive che verranno determinate dall'avanzamento tecnologico.
Si tratta, per intenderci, di comprendere cosa sia possibile attuare con queste nuove tecnologie , iniziandole a considerare sempre più come nuovi linguaggi.
E' infatti attraverso un approccio umanista, in grado cioè di stabilire un rapporto culturale e non solo meccanicistico (in cui si tende a considerare le tecnologie solo come "strumenti"), che sarà possibile comprendere mutazioni che ora sono solo ad uno stadio embrionale, suscettibili quindi di una conversione produttiva e sociale a misura d'uomo.
E' necessaria infatti una consapevolezza culturale che possa produrre un "valore d'uso" delle tecnologie , verso un potenziamento delle qualita' umane. Attraverso la multimedialità, la simulazione virtuale e la comunicazione telematica è possibile cogliere una nuova qualita' culturale se non antropologica che è forse opportuno definire come un nuovo paradigma cognitivo.
Attraverso i sistemi digitali si realizzano ipermedia che sollecitano le attivita' percettive, ristabilendo un equilibrio con quelle funzioni di decodifica dei linguaggi alfabetici sin troppo stabilizzate, armonizzandole con le più naturali combinazioni associative della mente.
E' quindi possibile pensare una nuova qualita' dei processi dell'apprendimento.
La questione del virtuale non e' da porre cosi' solo in termini tecnologici ma psicologici: si tratta di arrivare a riconsiderare il rapporto tra uomo e mondo.
Nella comunicazione telematica ad esempio cambia la percezione del tempo e dello spazio, un aspetto determinante per comprendere il senso di navigazione nelle reti, di cui il fenomeno dell'"lnternet surfing" è solo l'aspetto più vistoso. Esperienze di nuova natura percettiva che espanderanno non solo le coscienze ma il mercato del futuro: quello dell' informazione e della conoscenza.
Al punto in cui siamo si tratta quindi di proiettarsi verso questa nuova configurazione culturale per comprendere il possibile: ovvero coniugare le nuove possibilita' con le pratiche in divenire nei diversi campi: da quello della didattica a quello di una nuova spettacolarita' in cui rilanciare il gioco delle percezioni.
Educare navigando
Proviamo a lanciare una domanda che per alcuni parrà provocatoria: è più artificiale la Scrittura o la Multimedialità?
Rispondere a questa domanda ci pone di fronte ad un curioso paradosso: le nuove tecnologie digitali, il massimo grado dell'artificialità elettronica, tendono sempre più a rapportarsi alle nostre percezioni naturali più che agli schemi mentali precostituiti. Toccare, vedere, sentire e associare tra loro le informazioni sensoriali è il procedimento cognitivo più efficace ma il sistema educativo lo ha rimosso, comprimendo tutto in una funzione esclusiva: leggere e scrivere.
La multimedialità simula quell' approccio naturale all'apprendimento mentre la scrittura, e la sua lettura, rimane ancorata alla decodificazione di un sistema simbolico, producendo di fatto una mediazione artificiale. Tutta la storia dell'uomo, quello occidentale in particolar modo, è segnata dall'invenzione progressiva di "tecnologie" che interpretano il mondo,come la Prospettiva, la Fotografia, il Cinema... Questa mediazione oggi, attraverso la supremazia del massmedia televisivo, sta diventando però insostenibile oltre che artificiale.
L'era post-televisiva
Si deve ad esempio sbloccare l'impasse teorica dettata dallo schierarsi sul bene e il male dei contenuti trasmessi TV. La questione cruciale riguarda infatti più le caratteristiche del medium ( e non solo dei suoi messaggi) che si è imposto verticalmente nonchè diffuso in maniera pervasiva. Un fenomeno che ha espresso a pieno titolo l'andamento della società di massa .
Oggi però qualcosa sta cambiando : l'era postindustriale diventerà anche quella post-televisiva.
L'evoluzione delle tecnologie della comunicazione ci costringe, finalmente, ad un salto di qualità culturale, se non antropologico e psicologico, per capire realmente come usare la comunicazione e non solo subirla. In questa luce è possibile veramente ragionare su come educare con i media, utilizzando le diverse specificità dei linguaggi audiovisivi e multimediali.
E' qui che trova luogo il principio del "navigare" inteso non solo come "netsurfing" (il navigare nelle reti) ma come percezione dinamica, multisensoriale, nell'approccio con i dati ipertestuali. Ci si educa navigando: si intraprende un percorso di conoscenza autogestito attraverso l'interattività propria del multimedia. Si tende così a superare la dicotomia insegnare/imparare per sviluppare una nuova attitudine cognitiva che potrebbe essere definita "imparare a imparare". Qualcosa che c'invita, tutti, a riscoprire il principio attivo dell'apprendimento.
L' interattività come nuovo paradigma
Le tecnologie digitali , attraverso l'ipertesto ad esempio, stanno diventando dei nuovi linguaggi a tutti gli effetti, più complessi e più facili al contempo, più vicini alle nostre sensorialità. E' da questo aspetto che si può rilanciare un'iniziativa di carattere pedagogico per coniugare il pensiero culturale in azione di comunicazione. L'ipertesto, e ancora meglio l'ipermedia ( con tutte le proprietà dell'audiovisuale), simula le dinamiche associative del nostro cervello, offre l'opportunità di spaziare, "navigare", tra un concetto, un suono e un'immagine con una mobilità immaginaria, e cognitiva, straordinarie.
Navigando in un ipermedia é possibile infatti fare un'esperienza simile a quella di un'azione: con un mouse, o altre interfacce, spostiamo (virtualmente) degli oggetti, apriamo degli spazi, delle "finestre", accogliamo delle risposte dall'ambiente informativo paragonabili a quelle provocate da un'azione reale.
La multimedialità nella sua accezione estesa invita quindi le nostre percezioni a diventare dinamiche, attivando un modo filogeneticamente primario di apprendere.
Si tratta di un approccio paragonabile a quello determinato dallo scambio di esperienza e dell'apprendimento di abilità come è stata per millenni la trasmissione della conoscenza .
Questa radicale differenza cognitiva non é quindi così dissimile da quella provocata dall'avvento della Stampa nei confronti dell'Oralità. Uno strappo evolutivo fortissimo che per secoli ha tagliato fuori dallo sviluppo della civiltà la massa vastissima di coloro che non decodificavano la scrittura.
Operare nel campo della multimedialità oggi è quindi importantissimo, proprio perchè è in gioco un nuova "alfabetizzazione", uno scarto epocale che può produrre gravissime disparità culturali e sociali. E' assolutamente decisivo perciò progettare applicazioni educative e didattiche che sappiano coniugare i saperi con le nuove proprietà digitali, per rendere dinamici ed efficaci i modi dell'apprendimento per le nuove generazioni e al contempo riconvertire le culture in pensiero digitale. Sarà proprio grazie alla predisposizione "naturale" che i giovani e i ragazzi esprimono nei confronti dei computer che sarà possibile creare quei ponti culturali tra le sapienze umaniste e una sensibilità contemporanea così assordata dalla quantità rumorosa d'informazioni. La multimedialità potrà essere (altro "ottimismo di volontà") un antidoto contro l'inquinamento della mente, perchè tende a sottrarsi al rumore dei massmedia, offrendo un'approccio personalizzato al gioco di comunicazione. Si potrebbe dire in una sorta di slogan che dopo il massmedia è giunta l'ora del mymedia.
La caratteristica più evidente di questo nuovo rapporto è nell'interattività che dà senso reale alla comunicazione, in uno scambio biunivoco con il computer, il CD-Rom o la Rete telematica ( di cui Internet è solo il fenomeno più emerso).
E' in questo rapporto dinamico che si fonda un nuovo paradigma cognitivo , una strategia culturale in grado di rifondare le nostre categorie interpretative se non addirittura quegli assetti mentali che determinanno il nostro rapporto con il mondo.
Carlo Infante
conferenza, ottobre 1995