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... il fatto stesso che i Viaggi di Gulliver siano stati pubblicati e perciò essi stessi reinseriti nella pratica sociale, ne trasforma l’estrema disperazione antiutopica in critica del mondo antiutopico che rispecchiano. Man mano che la negazione di Swift si fa più appassionata e precisa, il lettore coglie sempre più chiaramente la necessità di nuovi mondi di umanità. Swift viveva nell’apogeo dell’etica borghese, dell’aritmetica politica che considerava gli uomini come atomi economici computabili (si veda la sua Modest Proposal (Modesta proposta), capolavoro insuperabile di saggio fantastico in guisa di pamphlet radicale). In un momento in cui gli imperi capitalistici cominciano a espandersi nel globo, e «è profanata ogni cosa sacra, e gli uomini sono finalmente costretti a guardare con occhio disincantato la propria posizione e i propri reciproci rapporti», egli sconfigge questo totalitarismo con un sarcasmo altrettanto totale. Può darsi che abbia detestato l’uomo come specie, ma, a lato di una simile ideologia, ha anche fornito le prove delle proprie accuse, che procedono da una civiltà in cui «i ricchi godevano dei frutti del lavoro dei poveri, e questi ultimi erano, rispetto ai ricchi, in proporzione di mille a uno». Quello che appare attraverso le due estremità del cannocchiale di Swift nei primi due viaggi, nello specchio distorto del terzo e nel mondo capovolto di assoluti eticobiologici descritto nel Quarto Viaggio, non è altro che la nostra civiltà, messa a nudo nella sua mostruosità e mancanza di umanità, comica e orgogliosamente bestiale allo stesso tempo. L’orribile commedia che ne risulta è resa in uno stile di realismo empirico apparentemente glaciale e privo di emotività: uno stile che, volgendo l’ideologia del tempo contro se stessa, dà all’amara lucidità di Swift quello straordinario potere corrosivo che le è proprio. Attraverso il parallelismo del materiale col morale, Swift riesce a incanalare e asservire al proprio scopo lo straordinario potenziale energetico di metafore e espressioni idiomatiche. La descrizione dei politici di Lilliput che camminano sulla fune o strisciano per terra, restituisce a un cliché ormai morto una tale concretezza visiva e connotativa che l’assurdità intrinseca si libera attraverso l’immaginazione per produrre ancora una volta uno sconvolgimento straniante di riconoscimento. Le norme ideologiche e linguistiche della prassi in Europa avevano fossilizzato queste metafore, ma, insistendo in modo intransigente sul loro valoresegno plebeo, Swift ne scopre la verità profonda, politica e filosofica. Così, se Swift è — letteralmente — un reazionario, la sua è una reazione radicalmente conservatrice o «anarchicoTory» contro le perversioni sfacciate di cultura, ottimismo e dominio instaurate dall’Individualismo. Se egli è l’opposto di un utopista didattico, è un amaro alleato dell’utopia. Anche se il lettore lascia un Gulliver alienato nella sua stalla all’interno della più ampia alienazione dell’Inghilterra, rimangono pur sempre i valori impliciti nei suoi viaggi. Nella sua analisi profonda della condizione umana, è significativo il fatto che il sarcasmo di Swift cessi bruscamente in presenza del pacifismo del Re Gigante, della lotta solidale di Lindalino, delle donne e degli illetterati che hanno ostacolato l’introduzione della Linguacosa a Balnibarbi — in poche parole, di fronte a etica e politica associate alle figure di Bruto e Moro. Non si dovrebbe annettere a questi barlumi di «corpo politico» un significato che i Viaggi non hanno; ma, storicamente parlando, quella speranza indenne è un’indicazione per la fantascienza a venire. Essa dovrà fare i conti con la rivelazione swiftiana che il corpo dell’uomo, questo campo di lotta tra vitalità e putrefazione, è la sua verità. Dopo i Viaggi di Gulliver non sarà più possibile credere in un’utopia statica, puramente istituzionale, che non tenga conto della natura umana. I nuovi Cieli e la nuova Terra esigono un Uomo Nuovo, e il secolo successivo, da Blake e gli Shelley a Morris, dovrà esplorare questo feedback dialettico. Swift rimane il campione grande e disperato di un Uomo integro di fronte alle spaventose pressioni di un individualismo mostruoso. Solo chi aveva profondamente a cuore le potenzialità dell’uomo poteva sentirsi tanto oltraggiato dai suo Yahoo. Grazie a questo oltraggio utopico, Swift forni nei suoi viaggi immaginari e nelle sue isole meravigliose il grande modello della fantascienza successiva; un saggio intreccio di utopie in funzione antiutopica e di antiutopie alleate dell’idealismo utopico; di satira che impiega a scopi grotteschi il linguaggio scientifico e di estrapolazione tecnologica; di avventure in paesi fantascientifici, di satelliti artificiali e di alieni, di immortali e di mostri che stanno tutti ad indicare l’Inghilterra e il cortese lettore. Tutti i successivi protagonisti di fantascienza, inoltrandosi a poco a poco nella comprensione dei loro strani luoghi, sono figli di Gulliver, e tutte le loro avventure più o meno cognitive sono il seguito dei suoi Viaggi.

Da Darko Suvin, Le metamorfosi della fantascienza, poetica e storia di un genere letterario, Il Mulino, 1985, cap V (L’isola alternativa)

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